Era andato a prendere della frutta in centro città perchè erano tre giorni che non metteva sotto il palato niente e la fame si faceva sentire.
Aveva percorso quei marciapiedi di quelle strade che conosceva a memoria schivando i cadaveri di gente sconosciuta, alcuni già morti, altri moribondi.
Camminava veloce con il suo bastone di legno che faceva ciò che la gamba non riusciva più a fare. Erano entrati in casa sua, una notte di qualche mese fa e gli avevano portato via quel poco che aveva. Avevano fatto razzia di tutto. Nel bel mezzo della notte si è svegliato e ha iniziato ad urlare per chiamare aiuto e loro hanno preso una trave di legno e gli hanno spaccato la gamba. Non erano ladri, erano uomini come lui, greci come lui.
Era andato in ospedale ma non c'era posto, gli hanno fasciato la gamba alla bene e meglio e gli hanno dato una stampella che lui gettò subito.
Si costruì un bastone per aiutarsi a camminare.
Dino è figlio di una notte d'amore tra sua madre e un italiano che in tempo di guerra l'aveva fatta innamorare. Ma suo padre, Dino, non l'aveva mai conosciuto.
Sua madre gli aveva raccontato di lui, bello ed alto, poi gli disse che si ammalò e poco dopo morì in quella terra, in cui era capitato in missione e da cui non se ne sarebbe mai più andato perchè amava quella donna e voleva sposarla. Ma non fece in tempo. Dino nacque senza il padre e la madre gli diede il nome di quel soldato che in una notte sotto il cielo degli dei, l'aveva rapita d'amore.
Dino aveva studiato filosofia ad Atene e poi l'ha insegnata per tutta la vita.
Si era innamorato una sola volta, di una sua studentessa ma non si sposò.
Restò sempre ad Atene ad insegnare e d'estate andava nel suo pezzo di terra coltivato ad ulivi. Gli dava soddisfazione, abbracciare quegli alberi. Accarezzava le radici, si sentiva bene.
Poi una decina di anni fa bruciarono migliaia e migliaia di uliveti. Diceva che qualcuno l'aveva fatto di proposito. Non era colpa del caldo, come i media hanno voluto far credere al resto del mondo.
Diceva che quello era un segnale dell'inizio della fine.
La sua Grecia aveva insegnato al mondo le arti, la cultura e la civiltà e la sua Grecia doveva essere la prima a dare l'allarme di quello che il consumismo, a cui tutto il mondo si era inginocchiato, stava causando.
Insieme a quelle migliaia di uliveti, bruciarono anche quelli di Dino. Non c'è stata possibilità di fermare quell'inferno. Restavano solo paletti di cenere e un fumo nero che svanì dopo tanto.
Dino amava quella terra, la definiva "una puttana, che poggiava il culo nel mediterraneo e a gambe aperte si faceva violentare e dava gioia a tutti quelli che passavano di lì, senza chiedere niente in cambio".
Aveva già previsto tutto, Dino.
Aveva previsto ciò che da lì a poco sarebbe successo. Fame, miseria, violenza.
Diceva che alle ultime elezioni aveva preso spazio un movimento nazista e si diceva sicuro che avrebbe preso il potere in poco tempo, appoggiati dallo smarrimento dei suoi connazionali.
Perchè quando si urla dalla fame a chiunque ti prometta un tozzo di pane, daresti la vita.
Oggi è la vigilia di San Valentino, la festa degli innamorati.
L'unico vero amore di Dino è sempre stato la sua puttana, l'amava talmente tanto che rifiutò cattedre all'estero.
Non poteva andarsene perchè lì stava troppo bene e perchè non avrebbe potuto tradire quel suo amore che gli aveva dato tutto, tranne il nome di battesimo.
Fa freddo ad Atene, un freddo vuoto come Atene, come la Grecia.
Oggi davano della frutta in centro. Ci andò.
Saltellava sbilenco con quel bastone e con una gamba maciullata.
Mentre camminava veloce, gli lacrimavano gli occhi nel vedere i cadaveri per terra. Figli degli dèi come lui.
Arrivò esausto davanti a quel camion di frutta. C'erano un sacco di giovani, era difficile prendere anche solo un limone.
Si sentivano urla di pianti, urla di dolore, urla di confusione. E la ressa che aumentava sempre di più. Sirene di ambulanza in lontananza. Poliziotti che non sapevano più dove guardare e cosa guardare.
Dino si avvicinò a quella folla con una mano aperta a chiedere un'elemosina di frutta. Gliene bastava uno solo, tanto da far star zitto lo stomaco.
Si girò un giovane sulla ventina che gli sferrò un pugno in faccia. L'equilibrio era già precario e cadde a terra.
Dino cadde sulla strada e sbattè la testa violentemente, uscì il sangue che a poco a poco diventò nero sopra l'asfalto della strada principale di Atene, la sua città.
Respirava lentamente. Non riusciva ad alzarsi e nessuno lo soccorreva.
Non urlò. Gli occhi guardavano sempre più lentamente il cielo dei suoi dei. E con le ultime forze che gli rimanevano, aprì la mano e fece come il gesto di agguantare quell'asfalto. Per stare anche nell'ultimo istante della sua vita, con il suo amore.
Agguantò la sua puttana per l'ultima volta.
Il giorno prima della festa degli innamorati.
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