Nello stagno cui si è fermata la musica d'autore italiana, trova spazio tal Mannarino, all'anagrafe Alessandro, romano de Roma.
Ha un palmaires ricco di due album, il primo intitolato "Il bar della rabbia" (2009), il secondo, che lo ha portato all'apice del successo (?) si intitola "Supersantos" (2011).
Ammetto che non ho acquistato nessuno dei due capolavori (?), anche perchè sarei in debito addirittura con Amedeo Minghi(a) "tuttùtatata", ma forse sto esagerando o forse no.
Dicevamo Mannarino, due baffi alla Romeo Benetti e una parlata che fa invidia al tipico porchettaro di Trastevere, un nutrito numero di fans per lo più romani (e vorrei vedere..) ma anche no.
D'istinto pesco il pezzo più "in" dell'ultimo disco, dal titolo "L'Onorevole" che narra la storia, cioè, che in realtà non capisco bene cosa narri: "Preso un lavoro e perso una donna/andò sul canale a cercare la luna/ma trovò nell'acqua salmastra l'altra sua faccia, solo più scura/e fece finta di non aver mai avuto paura/fece finta di non aver mai amato nessuna/andò al bar del cielo vuoto (?)/da bere costa poco/lo paghi doppiamente solo il giorno dopo/ordinò tre bicchieri di ghiaccio ed uno di perdono [...]". Trovo inevitabili scopiazzamenti anzi, pardon, "ispirazioni" (fiuuuu) al Gaber del teatro canzone, a De Gregori e a Fabrizio de Andrè. Può essere che mi sbagli.
Altro pezzo forte del disco è "Serenata silenziosa" dove si "ispira" nudo e crudo a Rino Gaetano (pace all'anima sua) dove estrappolando una strofa dice "C'è chi ha detto faccio er manovale/Il giorno che s'è fatto proprio male/L'hanno messo fori a un ospedale/Adesso dice faccio l'animale [...]".
Potrei continuare con altri pezzi di questo meraviglioso (?) album ma me (e ve) li risparmio.
Nell'epoca di PERFACTOR e di AMICI un Mannarino ci sta pure, sia chiaro, solo che le mie orecchie hanno sentito, ed i miei occhi letto, paragoni con i muri portanti della canzone d'autore (quella vera!) italiana: Gaber, Guccini, De Andrè, Gaetano etc.
C'è chi dice "Mannarino è Mannarino ebbasta!!" e per fortuna, dico io.
La parlata in romanesco e questa faccia da commissario degli "spaghetti western" hanno fatto di lui un'icona.
Meno male che il buon Mannarino si è messo in testa di fare il cantastorie ora, dove il nulla va a braccetto con la mediocrità. Logico pensare che se il Nostro avesse iniziato negli anni '70, sarebbe durato il tempo di una prova in una sala prove dei quartieri popolari romani, poi mi vedo la scena di qualcuno che gli avrebbe detto (alla Mario Brega) " 'A Mannarì, ma che cazzo stai a dì?".
Bello ricordare Rino Gaetano, ma, ricordateglielo, lui, Rino, è di un altro pianeta.
SignorC 2011
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