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mercoledì 27 febbraio 2013

Lasciate in pace il Papa

E' sport noto nell'italica penisola il giudicare le scelte altrui. Il cercare dietrologie. Il cercare malignità.
Soprattutto se si parla di uno abbastanza famoso: il Papa.
Io non sono Cattolico, me ne guardo bene, sono credente. Credo e non mi vergogno di dirlo, anzi.
Ciò che fa abbastanza vomitare è tutto ciò che sta attorno a questa notizia. Non la notizia in sè.
Che un uomo vecchio decida per stanchezza, per umiltà, perchè non si sente più in grado di avere i pieni poteri e di abdicare ad un nuovo Papa, che notizia è?
Il potere della Chiesa non è in mano al Papa, ma a quelli vestiti di porpora e allo IOR.
Se dovete fare ironie fuori luogo, fatele con loro.
La non notizia delle dimissioni del Papa non mi ha sconvolto particolarmente. L'ho ritenuta una normalissima scelta di un uomo stanco e che fa anche parecchia tenerezza.
Certo, se avesse fatto il portinaio sarebbe stato un altro discorso.
Ma il Papa è il Papa. Ed è un uomo, come tutti.
Non capisco (e non sopporto) le malignità.
Quei quattro pirla (Elio e le storie tese) vestiti con abiti talari a Sanremo l'indomani dell'annuncio di Papa Ratzinger, ecco, quella è una mancanza di buon senso.
Potevano farne a meno che tanto di cose fastidiose ce ne sono, comunque.
L'avessero fatto anche per rispetto a quelle signore anziane vedove che credono in Dio e che pregano per il Papa che è vecchio e malato.
Signore anziane che prendono 400 euro di pensione e che stringono il Rosario dalla mattina alla sera perchè così gli è stato insegnato, perchè credono sia l'unica cosa che le possa dare speranza.
Lì sì, si è andato oltre al limite.

sabato 23 febbraio 2013

Ho visto un elefante volare

E' facile, troppo facile, per me pensare a Giorgio Gaber e Sandro Luporini oggi, domani e dopo.
L'ironia la ridicolizzazione della convinzione omologata del credere di poter cambiare qualcosa facendo "..un segno nel mio segno" è stato un qualcosa di geniale, come (solo) loro erano.
Credo che sia ancora così, credo che le novità siano novità oggi. Domani è già roba vecchia. E allora ci si lamenterà ancora perchè non ci sono soldi e perchè il cane non piscia mai sull'albero sano, piscia sempre sulla pianta malata, così muore.
Credo che la Vita la decidiamo noi, ora per ora, minuto per minuto. "Scegli" ci è stato detto.
Domani resta una buffonata, purtroppo. La gente ci crede, purtroppo. Ma non è un problema mio. (cit.)
Quindi non facciamoci illusioni, meno ancora voli pindarici.
La politica, a quei livelli, è merda. Resterà merda sempre.
Se vuoi che le cose inizino veramente a cambiare, cambiale. Tu.

domenica 17 febbraio 2013

Non ho altra scelta, caro perbenista.


C'è chi è ancora convinto che votando il M5S, si voti Grillo.
Sbagliato: Grillo non si è mai candidato e mai si candiderà, ergo, non è eleggibile.
E' solo un megafono umano che parla alla pancia della gente che, mai come in questo periodo, è incazzata a prescindere da tutto.
I perbenisti, prevalentemente Piddini, definiscono "fascisti" chi voterà il M5S, probabilmente perchè hanno la certezza di avere calciato alto l'ennesimo rigore a porta vuota. Si noti che se mi dai del "fascista", caro Piddino, mi offendi. Il Fascismo intellettuale è chi giudica a priori, chi non sente ragioni perchè crede di averla a prescindere da tutto.
Non è colpa mia, caro benpensante, se sei anacronistico.
Probabilmente non hai capito la potenza del web, sei attaccato ancora ai quotidiani e credi che la politica si faccia (solo) usando toni calmi e pacati.
Bene, sono pronto ad essere smentito ma non ricordo l'ultima riforma popolare fatta da un Governo.
Se voto M5S è (anche) perchè non mi hai MAI dato altra scelta.
La sinistra e la destra non esistono più dalla fine degli anni '80. Chi è di destra e chi è di sinistra?
Il partitismo è morto, dovete ammetterlo è una sconfitta che Vi siete autocreati.
Il fatto che Grillo (il megafono) parli al popolo non deve sempre essere preso come una iattura ed è inutile che si faccia l'offensivo paragone tra Mussolini e Grillo. Non sta nè in cielo e nè in terra.
Sono stato al Woodstock 5 Stelle a Cesena, due anni fa. Una vallata piena di gente che non ha lasciato una carta per terra, davanti ad un palco su cui si sono esibiti artisti e premi Nobel.
Non è colpa mia se le televisioni di tutto il mondo da anni vadano a chiedere lumi su questo fenomeno popolare e non vanno a chiedere i punti del programma al PD o al PDL.
Non è colpa mia se, in questi ultimi anni, il web ha smascherato il teatrino della disinformazione attuando un'informazione vera e genuina.
Anch'io, che non sono un giornalista ma un semplice intellettuale, sto facendo informazione. Chiunque può leggere questo blog e chiunque può ribattermi. Prova a farlo con un quotidiano o con un telegiornale.
Non è colpa mia se hai perso completamente la credibilità, caro benpensante, con i tuoi inciuci mafiosi che hanno creato un pastrocchio inenarrabile.
Non è colpa mia se siamo dopo il Burundi come libertà di stampa.
Non è neanche colpa mia se vai avanti a criticare Berlusconi e parli di "berlusconismo" e poi, le volte che sei riuscito a farti eleggere, hai firmato le peggiori porcherie del mondo d'accordo con i tuoi (finti) nemici.
Come faccio a votarti ancora, caro Piddino?
Certo, sono consapevole che l'idraulico o la casalinga possano essere un rischio parlando di "competenze" ma, siccome ho perso tutto, caro benpensante, sono pronto a correrlo.
Sono pronto a correre il rischio che sia solo un fuoco di paglia ma non tollererò mai una tua lezione moralistica.

Sono stato indeciso fino all'ultimo, volevo non andare a votare, poi il fatto che seguo Grillo (nei teatri) da oltre dieci anni e che ne condivida le idee (e quindi quelle del Movimento) mi hanno fatto cambiare idea.
Perchè la vera forza e ricchezza di un uomo è proprio cambiarla, l'idea.

mercoledì 13 febbraio 2013

Dino e la sua puttana

Era andato a prendere della frutta in centro città perchè erano tre giorni che non metteva sotto il palato niente e la fame si faceva sentire.
Aveva percorso quei marciapiedi di quelle strade che conosceva a memoria schivando i cadaveri di gente sconosciuta, alcuni già morti, altri moribondi.
Camminava veloce con il suo bastone di legno che faceva ciò che la gamba non riusciva più a fare. Erano entrati in casa sua, una notte di qualche mese fa e gli avevano portato via quel poco che aveva. Avevano fatto razzia di tutto. Nel bel mezzo della notte si è svegliato e ha iniziato ad urlare per chiamare aiuto e loro hanno preso una trave di legno e gli hanno spaccato la gamba. Non erano ladri, erano uomini come lui, greci come lui.
Era andato in ospedale ma non c'era posto, gli hanno fasciato la gamba alla bene e meglio e gli hanno dato una stampella che lui gettò subito.
Si costruì un bastone per aiutarsi a camminare.
Dino è figlio di una notte d'amore tra sua madre e un italiano che in tempo di guerra l'aveva fatta innamorare. Ma suo padre, Dino, non l'aveva mai conosciuto.
Sua madre gli aveva raccontato di lui, bello ed alto, poi gli disse che si ammalò e poco dopo morì in quella terra, in cui era capitato in missione e da cui non se ne sarebbe mai più andato perchè amava quella donna e voleva sposarla. Ma non fece in tempo. Dino nacque senza il padre e la madre gli diede il nome di quel soldato che in una notte sotto il cielo degli dei, l'aveva rapita d'amore.
Dino aveva studiato filosofia ad Atene e poi l'ha insegnata per tutta la vita.
Si era innamorato una sola volta, di una sua studentessa ma non si sposò.
Restò sempre ad Atene ad insegnare e d'estate andava nel suo pezzo di terra coltivato ad ulivi. Gli dava soddisfazione, abbracciare quegli alberi. Accarezzava le radici, si sentiva bene.
Poi una decina di anni fa bruciarono migliaia e migliaia di uliveti. Diceva che qualcuno l'aveva fatto di proposito. Non era colpa del caldo, come i media hanno voluto far credere al resto del mondo.
Diceva che quello era un segnale dell'inizio della fine.
La sua Grecia aveva insegnato al mondo le arti, la cultura e la civiltà e la sua Grecia doveva essere la prima a dare l'allarme di quello che il consumismo, a cui tutto il mondo si era inginocchiato, stava causando.
Insieme a quelle migliaia di uliveti, bruciarono anche quelli di Dino. Non c'è stata possibilità di fermare quell'inferno. Restavano solo paletti di cenere e un fumo nero che svanì dopo tanto.
Dino amava quella terra, la definiva "una puttana, che poggiava il culo nel mediterraneo e a gambe aperte si faceva violentare e dava gioia a tutti quelli che passavano di lì, senza chiedere niente in cambio".
Aveva già previsto tutto, Dino.
Aveva previsto ciò che da lì a poco sarebbe successo. Fame, miseria, violenza.
Diceva che alle ultime elezioni aveva preso spazio un movimento nazista e si diceva sicuro che avrebbe preso il potere in poco tempo, appoggiati dallo smarrimento dei suoi connazionali.
Perchè quando si urla dalla fame a chiunque ti prometta un tozzo di pane, daresti la vita.
Oggi è la vigilia di San Valentino, la festa degli innamorati.
L'unico vero amore di Dino è sempre stato la sua puttana, l'amava talmente tanto che rifiutò cattedre all'estero.
Non poteva andarsene perchè lì stava troppo bene e perchè non avrebbe potuto tradire quel suo amore che gli aveva dato tutto, tranne il nome di battesimo.
Fa freddo ad Atene, un freddo vuoto come Atene, come la Grecia.
Oggi davano della frutta in centro. Ci andò.
Saltellava sbilenco con quel bastone e con una gamba maciullata.
Mentre camminava veloce, gli lacrimavano gli occhi nel vedere i cadaveri per terra. Figli degli dèi come lui.
Arrivò esausto davanti a quel camion di frutta. C'erano un sacco di giovani, era difficile prendere anche solo un limone.
Si sentivano urla di pianti, urla di dolore, urla di confusione. E la ressa che aumentava sempre di più. Sirene di ambulanza in lontananza. Poliziotti che non sapevano più dove guardare e cosa guardare.
Dino si avvicinò a quella folla con una mano aperta a chiedere un'elemosina di frutta. Gliene bastava uno solo, tanto da far star zitto lo stomaco.
Si girò un giovane sulla ventina che gli sferrò un pugno in faccia. L'equilibrio era già precario e cadde a terra.
Dino cadde sulla strada e sbattè la testa violentemente, uscì il sangue che a poco a poco diventò nero sopra l'asfalto della strada principale di Atene, la sua città.
Respirava lentamente. Non riusciva ad alzarsi e nessuno lo soccorreva.
Non urlò. Gli occhi guardavano sempre più lentamente il cielo dei suoi dei. E con le ultime forze che gli rimanevano, aprì la mano e fece come il gesto di agguantare quell'asfalto. Per stare anche nell'ultimo istante della sua vita, con il suo amore.
Agguantò la sua puttana per l'ultima volta.
Il giorno prima della festa degli innamorati.