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sabato 22 giugno 2013

Le colpe della massa ed il mio ruolo di intellettuale anarchico

I tanti drammi che vive questo malcelato paese in quest'ultima epoca, possono venire riassunti in una specie: la massa
Nulla è più corrosivo e dannoso per l'umanità della massa.
Mi spiego: se negli anni '60, '70 e addirittura '80, la massa si riconosceva e deputava i pieni poteri della propria esistenza con una semplice croce su un simbolo elettorale e quindi si fidava, oserei dire, teneramente, benchè con la colpa dell'ignoranza, ai vari uomini politici che hanno governato questo paese, mi sento di dire che oggi lo scenario è totalmente cambiato. 
Oggi la massa è ancora più ignorante della massa di allora che credeva nei Moro, nei Fanfani, nei Craxi eccetera. 
Oggi la massa si affida, paradossalmente, a sè stessa, creando una sorta di dramma umanitario storico, mai avvenuto prima d'ora.
Il motivo per cui succede questo meccanismo è molto semplice: oggi la massa si sente e si crede acculturata.
Inutile dire che, in quanto tale, non può esserlo, altrimenti ognuno avrebbe un'ideale, una libertà ed onestà intellettuale e soprattutto uno spirito critico. 
Nulla di tutto ciò avviene nel 2013 d.C.
La massa oggi si affida alle mode. E non parlo di "moda" nel senso effimero del termine.
Parlo di "moda" quando parlo di tutto ciò che calamita un sempre più innumerevole numero di persone, catalogabili sotto la voce "esseri non pensanti".
Si può fare una buffa metafora con uno stormo di uccelli che emigrano da un posto all'altro, in base al cambio delle stagioni.
Gli stormi di uccelli si fanno trasportare dai venti, la massa dagli eventi. 
Tutto diventa evento, basta che sia moda. 

Ciò che annienta il pensiero, o meglio, il non-pensiero, è proprio l'affidarsi completamente ad un modo di essere che non appartiene all'individuo in sè ma che appartiene a più individui. 
L'abnegazione del pensiero parte proprio da lì, dalla non ricerca, dalla non curiosità, dalla superficialità intellettuale, dalla negazione inconscia della coscienza.
Perchè, io, a ventisette anni, parlo di questo?
Probabilmente perchè questo dramma esistenziale lo sento vicino tutti i giorni, ed essendo anarchico (...) lo tocco con mano.
Tocco con mano le etichette ed i giudizi. 
Tocco con mano il fatto che la gente (sì, la gente) ti guarda come un mostro a tre teste solo per il semplice fatto che tu non ne fai parte, di quella massa. 
Questa mia scelta, mi dà la consapevolezza non solo di non venir capito ma quel che è peggio è di venire capito a piacimento della massa stessa.
Mi definisco un intellettuale, perchè analizzo con spirito critico i fatti senza faziosità alcuna: ma il definirsi "intellettuale" non è assolutamente un vantaggio o un pregio. 
E' una ragion d'essere. 
La stessa ragione che non mi dà la possibilità di ribattere a chi mi accusa di essere ciò che sono, perchè comunque, ribadisco, non verrei capito. 

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