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lunedì 7 maggio 2012

La malattia del tifo

Dalla politica al calcio, dai reality show a Sanremo: in Italia ci si ammala di tifo.
Non parlo, chiaramente, della malattia per cui si moriva fino a qualche secolo fa e in qualche parte del mondo ci si muore ancora. Sto parlando di quella malattia per cui un individuo si sente superiore ad un altro in base ad un nonsochè (?).
Io sono della Juve e tu del Milan, io sono di Destra (?) e tu di Sinistra (?????), io ho votato la canzone XY e tu la XX.
Sì, credo ci si ammali, mentalmente, anche di questo tifo.
Il tifo ti dà il potere (maddechè) di poter offendere un'altra persona solo per il fatto che non tifa come te.
Ci fosse oggi Darwin si darebbe una revolverata in testa, a vedere l'evoluzione della specie (ho detto "evoluzione"?).
E' tutto creato a tavolino, ma che non si dica, altrimenti di cosa parlerebbe il populino?
E' ciò che Pasolini definiva l'argomento dell'italiano piccolo-borghese, è ciò che, in parodia, Paolo Villaggio ha dato in pasto agli italiani con il Rag. Fantozzi che incarnava in pieno questo essere vuoto e nullatenente (dal punto di vista intellettuale).
I giornali, i telegiornali, i massmedia in genere parlano di continuo di questo teatro, da sempre.
E la gente ne è sempre più appassionata, perchè, forse se tu togliessi il campionato di calcio per un anno, forse.. forse.. succederebbe davvero quel che speriamo tutti.
Marco Simoncelli, motociclista di 24 anni,  è morto dando spettacolo e lo spettacolo deve continuare (cit.), per forza. E' una legge del mercato.
Piermario Morosini, calciatore di 26, è morto stantuffando in una zolla dello stadio di Pescara.
In due facevano 50 anni.
Ma non importa, suvvia, è più argomentabile che un allenatore miliardario prenda a cazzotti in mondovisione un suo giocatore perchè lo ha mandato a quel paese dopo una sostituzione. Il problema non è tanto la scazzottata: il problema è che la gente si fa un'opinione di ciò. E' giusto, è sbagliato. Boh!
Poi magari sono gli stessi interpreti che parlano dei "valori dello sport", che "nel calcio c'è del marcio"  e che "dobbiamo dare degli esempi ai bambini", etc.
Mi sono soffermato sul calcio, perchè io ho accettato, da qualche tempo, che è tutto un grande bluff e nonostante pratichi questo sport da vent'anni e che mi piacciono le giocate, le rovesciate, i colpi di testa, i gol, ne sono davvero pieno. Sono stanco di essere preso in giro. E' una presa di coscienza, una scelta.
La politica ed il calcio: ad oggi, dove palesemente non vi è più nulla di credibile, continuano ad oliare quel meccanismo che rende sempre più omologato un popolo.
E' quello che vuole il sistema, "scio mast go on", come scriverebbe Calderoli dopo un comizio (daje).

A me ha colpito un viso, scolpito, di un uomo di cinquanta anni (o poco più), occhiali da vista, due baffoni neri ed un'imprescindibile faccia da buono. Era il papà di Marco Simoncelli che con il sorriso sulle labbra, al funerale di suo figlio, ha voluto che la gente ricordasse il proprio idolo non su di un podio, ma solo con il sorriso.
Questa è un'immagine che mi porto dentro. E' un insegnamento. Di dignità.

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